Il vino naturale di Matteo

Matteo Canzii, 32 anni. Giovane, appassionato, desideroso di far conoscere il proprio vino rispettando la terra e l’ambiente. La volontà di produrre il suo vino in autenticità e purezza, scegliendo la via della produzione di vino naturale. Il suo vino è prodotto utilizzando uve coltivate senza l’uso di sostanze chimiche sintetiche, come pesticidi, erbicidi o fertilizzanti artificiali. Ciò significa che il vino “Riflesso” è il risultato di un processo agricolo naturale e rispettoso dell’ambiente. L’amore per la propria terra l’ha spinto a mettere in risalto il territorio in cui le uve sono state coltivate, valorizzandone le qualità e rispettando il naturale ciclo di vita delle piante.

La sua storia è quella di tanti giovani imprenditori italiani che decidono di investire nel nostro paese, credendo fortemente nelle nostre radici e nelle nostre eccellenze, portando avanti una cultura enogastronomica riconosciuta a livello globale. Ma adesso è il momento di entrare nel mondo di Matteo, ma soprattutto di Vino Riflesso.

Matteo, da dove nasce la tua passione per il vino?

Da ragazzo, in occasione di compleanni e Natali, anziché farmi regalare degli oggetti materiali, ho sempre chiesto qualcosa che mi permettesse di vivere la mia passione nell’ambito enogastronomico. Sono fortunato ad aver avuto la possibilità di frequentare ristoranti di alto livello, dove ho provato emozioni che solo il senso del gusto poteva trasmettermi. È nato tutto da qui, dall’eno-gastronomia. Il lato gastronomico è rimasto una passione, l’ambito enologico invece l’ho dapprima studiato a livello teorico frequentando la facoltà di agraria a Milano, per poi entrare a far parte di questo mondo lavorando per diverse aziende.

Le prime vinificazioni che ho sperimentato autonomamente erano di un’unica varietà di uva e, qualche anno dopo, mi sono inserito definitivamente nel territorio del Monferrato per allargare lo spettro delle varietà trattate, tutte autoctone.

Cosa ti ha portato a scegliere il Monferrato come zona di produzione dei tuoi vini? Hai scelto la strada del vino naturale, Perché?

Milano è la mia città natale, il Monferrato la mia terra di adozione, per cui sono un vignaiolo di prima generazione. Il motivo per cui ho scelto questa zona è duplice: il primo è il suo enorme patrimonio ampelografico, parola complicata che indica un concetto molto semplice, ovvero la presenza di molte varietà che vengono coltivate e vinificate solo in questa zona d’Italia.

Il secondo motivo è che, dopo aver assaggiato il vino di un piccolo e affermato produttore di questa zona, sono rimasto estremamente colpito dalla cura e dalla passione che metteva in ogni bottiglia, in quel momento ho capito cosa cercavo e mi sono dato da fare per conoscerlo. È nato così il nostro rapporto di amicizia e collaborazione professionale: lui il mio mentore e io il suo allievo. Sotto la sua ala ho acquisito le conoscenze enologiche che mi erano necessarie per dare vita alla mia realtà.

Il motivo per cui produco vino artigianale, o naturale che dir si voglia, è che esso è l’espressione più pura della varietà di provenienza, con grande attenzione alla sostenibilità e alla coerenza in tutta la filiera dei processi produttivi. In campo vengono cosparsi solo prodotti a carenza zero, che quindi non rimangono sull’uva al momento della raccolta. Non utilizzo diserbanti fra i filari con la quasi totale assenza di meccanizzazione in campo e tutte le lavorazioni avvengono nel pieno rispetto del ciclo vegetativo della pianta. In cantina seguo la stessa filosofia, non aggiungo né tolgo nulla al vino, per assecondare il più possibile la strada che esso vuole intraprendere, ma senza perdere di vista la tecnica: l’obiettivo è ottenere vini privi di difetti. Questo implica assaggi frequenti dalle botti e grande sensibilità nei confronti di ciò che sta accadendo.

Quali sono le varietà di vino che produci e perché il nome «Riflesso»?

Le varietà che tratto sono per la maggior parte uve autoctone della zona del Monferrato, quindi Barbera, Freisa e Grignolino. Produco anche un vino bianco ottenuto da un’uva ai più sconosciuta, il Timorasso, che ho chiamato Fenice come l’animale mitologico che risorge dalle proprie ceneri, alludendo metaforicamente al destino che quest’uva ha subito negli ultimi anni, che da dimenticata ora comincia a essere sempre più apprezzata tra gli appassionati.

Data la mia storia di milanese trasferito in Piemonte, nutro grandissimo rispetto per la mia terra adottiva, ma non ho tradizioni familiari da rivendicare, il che mi consente di essere libero di sperimentare e ricercare in qualunque direzione. Per questo motivo dal 2019 ho deciso di dar vita a una nuova etichetta, Alchimia, in cui ogni anno tratto delle uve di diverse varietà coltivate da produttori in linea con la mia filosofia agronomica, che poi vinifico secondo le tecniche più estreme. In questo modo ho la possibilità di costruirmi nel tempo un bagaglio di esperienze formato da vinificazioni che non ripeto negli anni successivi.

Forse non tutti hanno notato che il vino è tra i pochi alimenti per cui non si è tenuti a specificare gli ingredienti in etichetta. Questo consente a molte aziende produttrici di vino convenzionale di aggiungere additivi e correttivi ai vini, per giungere a un prodotto standardizzato ripetibile di anno in anno. In quello naturale avviene invece il processo opposto: l’obiettivo è la realizzazione di vini che siano coerenti con l’annata specificata in etichetta, che siano simili tra loro ma con aspetti che variano a seconda del clima, delle precipitazioni e dell’escursione termica. Per questo il nome “Riflesso”, a specificare il legame indissolubile tra prodotto realizzato dalla mano umana in relazione a ciò che c’è di più grande, ovvero la natura.

Sei un giovane imprenditore italiano e hai scelto di investire sul tuo territorio. Ci racconti le difficoltà che hai incontrato e come sei riuscito a superarle?

Non userei il termine difficoltà, ma sfide. Un ragazzo che come me da zero entra a far parte di un mondo che nella maggior parte dei casi è costituito da famiglie di contadini affermate sul mercato da generazioni, inevitabilmente si scontra con delle realtà con cui deve competere da solo. Il fatto di operare in una nicchia di mercato per ora molto ristretta è di aiuto, anche in relazione alla consapevolezza sempre più diffusa nel consumare cibi e vini sani e sostenibili. A Milano, di cui conosco il mercato, e in generale in molte altre grosse città d’Italia, stanno sempre più nascendo enoteche e ristoranti che per scelta hanno deciso di inserire in carta solo vini di piccoli vignaioli la cui produzione è più indirizzata sulla qualità piuttosto che sulla quantità. È capitato che, nel corso degli anni, questa nicchia si sia trovata a scontare una cattiva reputazione per colpa di vini con numerosi difetti, giustificati solo dal fatto che fossero “naturali”. Naturalità, pulizia e assenza di difetti sono tutti parametri conciliabili tra di loro. Io e altri produttori giovani come me stiamo cercando di vincere lo scetticismo e diffondere questo concetto.

Che consigli ti senti di dare a un ragazzo che come te, vorrebbe intraprendere questa strada?

Sono giovane, ho le idee chiare ma sento di essere io quello che ha ancora bisogno di consigli da chi ha più esperienza. Forse il suggerimento potrebbe essere proprio quello di circondarsi di gente capace e fidata, da cui apprendere il più possibile: ascolta, appassionati, non porre limiti alla tua voglia di sapere. Leggi, studia, sii umile e non aver paura di sporcarti le mani. Propongo un brindisi!

Autore: Alexandro Fiumara

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