“Life is UAU”: vi racconto il mio WeFreeDay

Da quando frequento la Comunità di SanPatrignano (cioè molti anni!) i giorni dedicati al progetto WeFree sono un appuntamento fisso nella mia agenda.

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In compagnia di due grandi donne: Licia Ronzulli e Letizia Moratti

Quest’anno ho avuto il piacere di condividere questa esperienza con Licia Ronzulli, donna e mamma che stimo molto per il suo impegno costante sul tema della conciliazione famiglia/lavoro… e non solo!

Lei è una di quelle persone che ci sono sempre, che ci mettono la faccia e il cuore in tutto quello che fanno.

Siamo partite all’alba per raggiungere la comunità di recupero, fondata da Vincenzo Muccioli sui colli riminesi, e partecipare ai WeFree Days, l’evento di San Patrignano dedicato alla prevenzione.

1500 studenti provenienti da tutta Italia, dalla Lombardia all’Abruzzo, hanno invaso la realtà sociale riminese. “Life is Uau” è il motto che ha aperto il nuovo anno di campagna di prevenzione, con l’auditorium della comunità travolto da coinvolgente flash mob.

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Un luogo per condividere: con un piccolo gesto aiutiamo i ragazzi a rinascere!

Non è stato facile guardarmi allo specchio e trovare una Sara che valeva, che poteva essere qualcuno aldilà delle droghe.

Mi ero illusa, mi ero maledettamente illusa di essere diventata importante. Voluta. Cercata.

Tutti mi cercavano perché ero quella più trasgressiva, quella che si mangiava più pasticche, quella che vendeva il fumo, mi sentivo la più giusta, mi sentivo di stare nel giusto. Finalmente mi ero costruita il mio personaggio e mi faceva stare bene. Poi anche fisicamente finalmente mi piacevo, tutte le mie paranoie sul mio aspetto fisico erano svanite, mi vedevo bella, ogni volta che mi mettevo davanti allo specchio stavo bene.

Questo mi dava ancora più forza. Conciliare però questa vita con gli impegni era praticamente impossibile, perché il mio unico pensiero era quello di come fare i soldi, di come organizzare i mie traffici e le serate in discoteca.

A scuola decisi di non andarci più, finito il terzo anno mi ritirai. A casa mi sentivo soffocare, ci stavo troppo stretta, così me ne andai.

Da quel giorno iniziai a vivere per strada, dormivo dove capitava. Ogni tanto dormivo da Maicol o Sharon, ma perlopiù stavo in giro. Ero distrutta, irriconoscibile. Non ce la facevo più. Uno zombie che vagava, ogni giorno rischiavo di morire. Di addormentarmi su qualche cartone e di non svegliarmi più. Se ci ripenso, in fondo lo speravo. Ma io ero giovanissima.

Una sera ho avuto paura, davvero paura. Per fortuna!!!! Non sentivo più niente. Eppure quella sera ho sentito la paura e quella mi ha salvata.

Quella volta ero sicura….dovevo risalire dal mio fondo.

Sara, una ragazza della Comunità di San Patrignano

Quando di si parla di dipendenze (qualsiasi dipendenza!) è difficile capire cosa spinge una persona a volersi così male da rischiare di morire.

Se poi “quella persona” è tuo figlio….l’inconprensione è assoluta e i sensi di colpa insopportabile.

Mi è capitato di parlare con i genitori dei ragazzi inseriti nella Comunità di recupero di San Patrignano e mi ha molto colpito l’incredulità e lo sgomento per non aver compreso i propri figli.

Ragazzi comunità

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