In tutte le relazioni, e quindi anche in quella genitore-figlio, si osserva spesso la ripetizione degli stessi comportamenti anche se l’esperienza ne dimostra la scarsa utilità. Quante volte capita di mantenere la stessa strategia educativa anche se non è mai servita a nulla? Quante volte succede di ripetere con insistenza le stesse raccomandazioni senza il minimo risultato? E di punire comportamenti senza riuscire davvero a far sì che il bambino ne adotti in futuro uno migliore? Quante volte provate a consolare senza ottenere nessun beneficio? Se funzionate come la maggior parte degli esseri umani, avrete risposto ad almeno alcune delle domande con un “qualche volta” o “spesso”.
Perché succede? Non si dovrebbe imparare dagli errori?
Succede perché, in generale, è difficile cambiare. Lo è per grandi e piccoli allo stesso modo. Le strategie che non funzionano si mantengono perché, da qualche parte, nascondono un vantaggio a breve termine e perché spesso sono vere e proprie abitudini, caratterizzate quindi da scarsa intenzionalità e poca consapevolezza.
Proprio per questi motivi, fornire informazioni per affrontare le difficoltà che possono essere sperimentate nella relazione genitore-figlio è utile ma non sufficiente: non va infatti data per scontata la capacità del genitore di fare ciò che gli è stato insegnato o consigliato. E’ infatti difficile far sì che riesca ad interrompere le dinamiche che risultano non funzionali e fonte di stress senza che vengano adeguatamente presi in considerazione i suoi pensieri e le sue emozioni; il genitore deve essere “allenato” a notare e modificare comportamenti automatici, a porre l’attenzione su ciò che funziona e cosa no piuttosto che continuare ad agire sulla base di convinzioni rispetto a ciò che un genitore deve o non deve fare. Il genitore non può quindi solo essere “istruito”, deve essere anche aiutato a colmare lo spazio tra il “dire” e il “fare”.
Ogni genitore, come d’altra parte ogni essere umano, tende ad attenersi (senza spesso rendersene conto) a “copioni” predefiniti. E’ come se, data una certa situazione o contesto, parole e comportamenti degli “attori” fossero, con buona approssimazione, prevedibili.
Nulla di male se il “copione” ha successo e mi consente di raggiungere gli obiettivi che mi pongo. Perché cambiare se funziona e mi gratifica?
A volte succede però che il “copione” venga mantenuto inalterato anche quando non funziona, non mi gratifica e, al contrario, costituisce un ostacolo.
Cosa succede quando il recitare secondo un “copione” diviene la modalità prevalente e la capacità di “improvvisazione” trascurata? Uscendo dalla metafora, cosa accade se il comportamento genitoriale viene guidato principalmente da automatismi e consolidate abitudini e quindi poco sensibile alle novità? La relazione genitoriale rischia di perdere parte dell’enorme potenziale che possiede. La genitorialità diviene, infatti, più funzionale ed appagante se è flessibile e creativa. Per flessibilità s’intende la capacità di scegliere il comportamento più adeguato nelle diverse situazioni in funzione degli obiettivi; creatività è l’abilità di trovare modalità nuove e non sperimentate in precedenza per affrontare una certa situazione.
Flessibilità e creatività. Suona bene, fantastico…ma come è possibile essere genitori flessibili e creativi? Come si fa? Dove lo trovo il tempo? E’ difficile!
Queste le principali obiezioni: “non ho tempo” e “non riesco, è troppo difficile”. Obiezioni accolte: il tempo è davvero poco e un genitore, soprattutto se lavoratore, difficilmente riuscirà a trovare del tempo in più da trascorrere con il proprio figlio. Cambiare può essere davvero faticoso, mentre la recita di “copioni” prestabiliti e l’attuazione di comportamenti automatici è decisamente più semplice (non richiede particolare attenzione e sforzo). Il comportamento automatico è quello più immediato ed ha una via d’accesso preferenziale soprattutto nei momenti di stanchezza, di stress e quando si è costretti a fare più cose contemporaneamente (condizioni che “qualche” volta si verificano nella giornata di un genitore). Ci sono però due buone notizie: non necessariamente serve del tempo in più e, con un po’ di allenamento, sperimentare piccoli cambiamenti è possibile e può avere effetti sorprendenti. E’ infatti possibile trasformare le interazioni quotidiane, serene o stressanti, in occasioni di apprendimento nelle quali aiutare i bambini a esprimere le loro potenzialità. Nello stesso tempo ci si può allenare a diventare più capaci di notare momento per momento ciò che ci induce ad agire in un certo modo identificando così le reazioni automatiche non utili e sostituendole con risposte comportamentali scelte consapevolmente.
E se faccio degli errori? Aggiungerei qui una terza nota positiva: l’obiettivo non è il raggiungimento di una perfetta condotta genitoriale, ma l’apprendimento graduale di una maggiore flessibilità e disponibilità a rivedere in maniera creativa i propri “copioni”.
Il primo post di Giorgia Borrello nella rubrica Impara l’Arte offre un bellissimo esempio di come il risultato finale possa essere davvero molto diverso da quello che pare evidente ad una prima occhiata se il genitore sa essere attento, flessibile e creativo. Cosa ha fatto Giorgia? Ha rivisto flessibilmente il suo “copione” iniziale (“perché cambiare le mie abitudini solo perché ho un figlio? Vado a vedere le mostre con lui!”), dapprima reagendo con un “mai più”. E poi? Ha sfruttato creativamente un’occasione, notando che il piccolo Ludovico cominciava a disegnare e mostrava di avere una certa abilità nel farlo.
Cosa sarebbe accaduto se i genitori di Ludovico avessero semplicemente smesso di provare ad accostare il bambino all’arte, oppure se si fossero solamente ostinati a portarlo nei musei? Non lo sappiamo, ma sicuramente mamma e papà avrebbero ingoiato un pochino di frustrazione in più e, forse, Ludovico non avrebbe e trovato il “suo” modo di vedere le mostre e sarebbe rimasto “quello con l’avversione per l’arte”.
Rientrando nella metafora teatrale, è come se nelle interazioni genitore-figlio la recita di copioni potesse essere affiancata dall’improvvisazione, ricordando che improvvisare non significa recitare a casaccio. Improvvisare è un’arte che si apprende. Ciò che appare come straordinariamente spontaneo è in realtà frutto di un lungo processo di apprendimento e di sofisticate abilità.
Nell’improvvisazione ciò che vediamo fare dall’attore è costruito proprio in quel momento: i dialoghi, l’azione, la storia e i personaggi vengono creati in maniera collaborativa dagli attori. Ciò che offre un attore deve essere necessariamente accolto dagli altri e utilizzato creativamente per costruire la battuta successiva grazie all’abilità di rimanere pienamente focalizzato su ciò che sta avvenendo e scegliere abilmente la risposta migliore in quel momento. Gli attori in questione sono genitori e figli nelle diverse situazioni di vita quotidiana. Flessibilità, creatività e, a questo punto, capacità di prestare attenzione consapevole a ciò che avviene momento per momento.
Abbiamo detto che ad improvvisare si impara. Da dove si comincia? Iniziamo con lo spostare lo sguardo: invece di soffermarvi troppo a riflettere sul perché il bambino non fa quel che dovrebbe o che gli viene chiesto, provate a prendervi un po’ di tempo per osservarvi, proprio come se doveste assumere la prospettiva di uno spettatore neutrale. Notate le vostre parole, il tono, la mimica, i gesti. Non solo, provate a dare un’occhiata dall’interno alle vostre emozioni, ai pensieri e alle sensazioni fisiche.
Probabilmente sarete abituati a descrivere il comportamento del bambino, ma che effetto fa descrivere il proprio? E’ facile o difficile? Provate ad osservarvi con sguardo curioso! Difficile iniziare a fare qualcosa di nuovo senza prima essere pienamente consapevoli di ciò che si fa abitualmente. A volte è sufficiente essere consapevoli di ciò che stiamo facendo per innescare il cambiamento; altre volte la consapevolezza è solo il primissimo passo di un processo un pochino più impegnativo ma piacevolmente ricco di sorprese. Essere consapevoli di un’azione implica un maggior potere di scelta. E se possiamo scegliere la risposta diveniamo flessibili. Se diveniamo più flessibili possiamo dare spazio alla creatività togliendone ai comportamenti automatici e alla ripetizione di “copioni”, generando così varietà, vitalità e maggiori occasioni di successo. E questo vale per tutti, in tutti i contesti, in tutte le relazioni.
Autore: Dott.ssa Paola Pesenti Gritti, Psicologa, Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale e Dottore di Ricerca in Psicopatologia dello Sviluppo.
Psych-e è un gruppo di Psicologi e Psicoterapeuti che hanno pensato di unire le proprie professionalità sotto un unico nome al fine di offrire e promuovere un servizio di qualità che sappia rispondere alle diverse richieste dell’utenza.
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