Sarò un buon genitore?
Quante volte ci siamo posti questa domanda in preda ai sensi di colpa e all’ansia da prestazione?
Fare il genitori è davvero un lavoro duro… quotidiano… che richiede pazienza e dedizione. Ma è anche la cosa più bella che possa capitare ad ognuno di noi perchè, grazie ai nostri figli, cresciamo e impariamo ad apprezzare il bello che la vita ci dona.
Recentemente ho partecipato ad una vera e propria Scuola Genitori e lo specialista che guidava l’incontro ci ha fatto rispondere ad una “semplice” domanda”: Cosa vuoi davvero per i tuoi figli?
Senza pensarci troppo ho risposto:
“Vorrei che fosse felice; che riesca a raggiungere gli obiettivi che si è prefissato; che diventi un uomo onesto e impegnato nel sociale. Vorrei che riuscisse a divertirsi con poco; che trovasse amici veri e che sia consapevole che i suoi genitori lo ameranno sempre e comunque.”
E voi? Cosa avreste risposto? 🙂
Abbiamo chiesto alla nostra specialistà, la Dott.ssa Paola Pesenti Gritti, un parere a riguardo.
Due genitori nascono nel momento stesso in cui viene al mondo un bambino. Tuttavia, così come il piccolo alla nascita è dotato di caratteristiche che ne consentono la sopravvivenza ma andrà incontro poi ad una serie infinita di apprendimenti durante la sua esistenza, così il genitore avrà modo di imparare ad esserlo.
Genitori, quindi, lo si diventa…
La genitorialità, che possiamo genericamente definire come la capacità di prendersi cura di un nuovo nato, ha origine da un evento ma si dispiega poi come un processo dinamico, fatto di apprendimenti, errori, aggiustamenti, difficoltà e gratificazioni.
Dinamico soprattutto perché i diversi momenti di crescita del bambino pongono in continuazione nuove sfide e perché figli diversi pongono sfide diverse.
Ogni bambino è infatti “unico” e fin dalla nascita è possibile notarne alcune caratteristiche distintive: ci sono bambini straordinariamente tranquilli e bambini molto irrequieti, bambini socievoli e bambini restii al contatto, bambini dormiglioni e meno attivi e bambini che necessitano di continue stimolazioni.
Con il termine “temperamento” si fa riferimento proprio a questo assetto di base con il quale il bimbo viene al mondo.
Il neonato è quindi fin da subito protagonista attivo nell’influenzare il tipo di relazione che gli adulti di riferimento stabiliranno con lui. Allo stesso modo il genitore possiede caratteristiche che lo predispongono ad agire e a relazionarsi con il piccolo in un certo modo, ad avere uno “stile genitoriale” che lo caratterizza: come agisce nei confronti del figlio? Come tende ad esercitare la propria funzione educativa e di accudimento? Quali sono le sue aspettative?
Al genitore l’arduo compito di riuscire progressivamente a trovare la giusta sintonia per rapportarsi in maniera efficace e gratificante con questo esserino che, fin da subito, dimostra di “sapere il fatto suo” e di avere esigenze ben precise.
In alcuni casi caratteristiche temperamentali del bambino e stile genitoriale trovano da subito una perfetta sintonia. A volte le condizioni non sono così favorevoli e necessitano di qualche aggiustamento in più.
Quindi, abbiamo un bambino che fin dall’inizio è tutt’altro che una “tabula rasa” e un adulto con i suoi automatismi e credenze ben consolidati. E poi abbiamo la relazione tra i due; relazione fatta di interazioni, interazioni fatte di comunicazione e di comportamenti dell’uno verso l’altro e viceversa, il tutto all’interno di una complessa cornice di emozioni, pensieri, aspettative e desideri.
Ogni interazione è una possibile occasione di apprendimento per entrambi i protagonisti. La relazione con mamma e papà è il primo contesto nel quale il bambino impara modalità comportamentali e di pensiero, impara qualcosa su di sé, sugli altri e sul mondo.
La relazione con il figlio è il contesto nel quale il genitore impara a fare il genitore.
Proviamo ora ad allargare un pochino il campo di osservazione e includiamo anche il genitore come individuo, con necessità e interessi che vanno al di là del ruolo genitoriale. Il noto pedagogista inglese Ken Robinson cita una parte delle istruzioni per la sicurezza in volo per spiegare in maniera suggestiva questo importante aspetto: “se un altro passeggero necessita di aiuto per indossare la maschera dell’ossigeno, vi ricordiamo di indossare la vostra prima di aiutarlo”.
Prendersi cura di un figlio non significa abbandonare la cura di sé: è fondamentale che il genitore non perda completamente di vista ciò che per lui ha importanza, al di là delle fatiche e gratificazioni dell’essere genitore. Ci si può prendere cura di qualcuno solo mettendosi nelle condizioni di poterlo fare.
Autori: Marta Ferrari e Dott.ssa Paola Pesenti Gritti, Psicologa, Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale e Dottore di Ricerca in Psicopatologia dello Sviluppo.
Gli specialisti offrono consulenza clinica, valutazioni diagnostiche, percorsi terapeutici e di formazione finalizzati a modificare comportamenti che generano disagio e promuovere uno stile di vita più soddisfacente. Psych-e propone interventi basati sull’approccio Cognitivo-Comportamentale rivolti all’adulto, all’adolescente, al bambino e alla famiglia.