Andare a una festa di compleanno , salire sul palco per la recita di fine anno, o semplicemente fare una chiacchierata con un gruppo di compagne sono attività comunemente ritenute piacevoli, ma che per alcuni bambini o ragazzi possono costituire, al contrario, una vera e propria tortura.
In questi casi di solito si parla di timidezza o di riservatezza e la si considera una componente del carattere più o meno transitoria, ma in ogni caso non tale da destare particolari preoccupazioni. In molti casi questo corrisponde alla realtà; tuttavia è molto importante operare una distinzione.
Una persona timida nonostante tenda ad essere poco comunicativa, meno socievole e poco incline a ricercare la compagnia degli altri, è comunque in grado, se necessario, di interagire in maniera efficace in contesti pubblici. Quando invece il timore delle situazioni sociali porta ad evitarle in maniera massiccia o a viverle con una forte attivazione ansiosa, quando determina conseguenze significative sulla vita del bambino a livello scolastico e/o sociale probabilmente siamo di fronte ad un vero e proprio disturbo emotivo chiamato Fobia Sociale. Chi soffre di questo disturbo teme tutte o alcune specifiche situazioni pubbliche in cui l’interazione con persone non familiari lo esporrebbe al loro giudizio, come ad esempio parlare in pubblico, avere relazioni con persone di sesso opposto, scrivere alla lavagna o suonare uno strumento musicale davanti agli occhi dei compagni. Spesso la paura maggiore è che gli altri possano notare i propri sintomi d’ansia, quali il rossore o il tremore della voce. Si produce così un circolo vizioso in cui la paura di fare brutta figura non permette al soggetto di concentrarsi sulla prestazione, ponendo invece un attenzione eccessiva alle proprie reazioni ansiose o alle conseguenze che queste possono avere sugli altri. Così il soggetto finisce per sperimentare nella maggior parte delle situazioni temute un senso di fallimento, di umiliazione e di imbarazzo, che a sua volta genera nuove previsioni catastrofiche rispetto a situazioni sociali future, con un aumento della cosiddetta ansia anticipatoria (la paura che si prova quando si anticipa una situazione futura temuta). L’attivazione ansiosa generalmente si manifesta con sintomi somatici quali tachicardia, senso di soffocamento, vampate, palpitazioni, tremori. I bambini al di sotto dei 10 anni spesso riportano un generico malessere o sintomi come mal di pancia e mal di testa. Con altrettanta frequenza possono manifestarsi crisi di pianto e scoppi di rabbia, con il rifiuto categorico a svolgere alcune attività che rappresentano una fonte di ansia. Per questa ragione a volte la fobia sociale può essere confusa con comportamenti oppositivi, e il bambino essere definito come capriccioso o testardo perché non vuole andare a scuola o agli allenamenti di calcio.
Spesso i soggetti con fobia sociale mostrano un’eccessiva tendenza al perfezionismo che li porta a considerare come un fallimento ogni prestazione che non raggiunga il massimo risultato possibile.
Alcune strategie per aiutare bambini e adolescenti ad affrontare l’ansia sociale.
Quando il problema si presenta in forma lieve alcune strategie possono essere sufficienti per aiutare il bambino o il ragazzo ad affrontare gradualmente la sua paura, rafforzando le proprie abilità sociali con l’obiettivo di ridurre l’ansia ed il conseguente evitamento delle situazioni temute.
La prima strategia è quella di aiutarlo a riconoscere le proprie emozioni senza giudicarle o ridicolizzarle, fornendo comprensione e sostegno “Immagino quanto sia difficile per te suonare il flauto davanti a tutti. Cosa ti succede esattamente? Di cosa hai più paura?”. Il bambino infatti è spesso spaventato dalle proprie reazioni e rischia di considerarle come qualcosa che riguarda unicamente lui, qualcosa da nascondere e di cui vergognarsi.
Con i ragazzi sopra i 12 anni si può anche facilitare la comprensione del circolo vizioso dell’ansia: “più ti aspetti di essere giudicato, più temi di fare brutta figura, di arrossire o di tremare davanti agli altri, più ti sembrerà che questo accada veramente, come se tutti fossero concentrati soltanto su di te, anche quando non è realmente così. “ Uno dei meccanismi della fobia sociale è infatti la sovrastima dell’attenzione altrui su di sé.
Uno strumento molto efficace che genitori ed educatori possono utilizzare con bambini e adolescenti che mostrano inibizione sociale è quello del modeling o modellamento. Si tratta di fare da modello nelle relazioni sociali, facendo osservare e sperimentare al bambino gli aspetti gratificanti della socialità. Ad esempio se vostro figlio al parco predilige giochi solitari, potreste avvicinarvi agli altri genitori e iniziare una conversazione, piuttosto che forzare il bambino a tutti i costi ad unirsi agli altri bambini. Il modello non deve necessariamente essere perfetto; al contrario esso è tanto più efficace quanto più appare raggiungibile. Se il genitore è stato a sua volta timido durante l’infanzia e l’adolescenza o se lo è tuttora può essere estremamente importante condividere con il figlio quali strategie ha utilizzato e utilizza per affrontare le situazioni per lui difficili.
Un’altra strategia fondamentale è quella di limitare il più possibile la tendenza del bambino ad evitare le situazioni temute. Se la paura è molto marcata si può utilizzare un approccio graduale, incoraggiando il ragazzo ad affrontare all’inizio situazioni per lui moderatamente ansiogene per poi passare a contesti con difficoltà crescente. Ad esempio per una ragazza che teme di parlare in pubblico la recita scolastica può rappresentare un contesto eccessivamente ansiogeno per iniziare ad affrontare la sua paura. Pur mantenendo quello come obiettivo finale, sarà certamente più efficace sviluppare insieme a lei un piano d’azione basato che le permetta di sperimentare con gradualità la propria capacità di fronteggiare le sensazioni d’ansia.
Va sottolineato infine che queste strategie possono essere utilizzate con successo da genitori ed educatori qualora l’ansia e l’inibizione sociale siano lievi e limitate ad alcuni contesti di vita del bambino/adolescente. Quando al contrario i sintomi sono talmente intensi ed invalidanti da incidere sul rendimento scolastico, sulle relazioni con i coetanei (e non solo con gli adulti) o tali da provocare una marcata sofferenza soggettiva, è importante valutare l’opportunità di un intervento da parte di un professionista. Diversi studi hanno infatti mostrato come il disturbo, se non trattato adeguatamente, possa avere conseguenze negative, anche importanti, sulla carriera scolastica e successivamente su quella lavorativa, aumentando la probabilità di soffrire di sintomi depressivi e causando serie restrizioni sociali.
Autore: Dott.ssa Chiara Spatola, Psicologa, Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale e Dottore di Ricerca in Psicopatologia dello Sviluppo
Gli specialisti offrono consulenza clinica, valutazioni diagnostiche, percorsi terapeutici e di formazione finalizzati a modificare comportamenti che generano disagio e promuovere uno stile di vita più soddisfacente. Psych-e propone interventi basati sull’approccio Cognitivo-Comportamentale rivolti all’adulto, all’adolescente, al bambino e alla famiglia.