Family Life

Mamma, cosa posso fare?

 …perciò, tolte di mezzo le gioie, che proprio gli impegni offrono a chi si muove di qua e di là, l’animo di costoro non sopporta la casa, la solitudine, le pareti, contro voglia vede di essere stato lasciato solo con sé stesso. Di qui nasce quella noia e quella scontentezza di sé, quel rivoltolarsi dell’animo, che non si placa in alcun luogo, quella sopportazione malcontenta e malata del proprio ozio… »

Seneca

L’etimologia del termine noia (e di quello francese ennui), dal latino in odio con la mediazione del provenzale enoja, rinvia a intensi sentimenti negativi nei confronti dell’ambiente  circostante e non solo alla lieve spiacevolezza che generalmente le si attribuisce.

Dai vari etimi discende la ricchezza psicologica del vissuto di noia, che attinge alle radici dinamiche (motivazione, intenzionalità) e affettive (desiderio, gratificazione) dell’individuo. Esistono diverse tipologie di noia che si differenziano per qualità ma anche in base alla quantità di noia percepita e alla sua intensità. Si definisce, ad esempio, morbosa la noia che insorge in modo immotivato (noia endogena), si mantiene nel tempo indipendentemente dalle circostanze ambientali (noia cronica) e diventa motivo di sofferenza o di compromissione funzionale e sociale. In rapporto alle peculiarità dei singoli individui, all’età e alla fase evolutiva dello stato di noia, l’insoddisfazione può tradursi in un comportamento irrequieto, volto alla ricerca di oggetti e situazioni sempre più stimolanti (noia agitata), o divenire via via uno stato di torpore rassegnato e disincantato (noia apatica). 
La noia agitata sospinge il soggetto verso un continuo cambiamento di oggetti e mete, poiché ogni cosa raggiunta diviene ben presto insignificante, e sospinge quindi verso altre mete sempre più fittizie e irraggiungibili. Con il tempo, la mancata gratificazione e la conseguente frustrazione finiscono per lasciare il posto a un’indifferenza torpida e disperata, la noia apatica. La noia si accompagna inoltre a un’apparente indifferenza e allo stesso tempo a un’attesa inquieta che il mondo fornisca stimoli che possano placare lo stato di insoddisfazione.

La noia, a differenza di altri stati affettivi quali, per es., l’ansia e la depressione, è rimasta ai margini della riflessione psicopatologica e non si è affermata all’attenzione dei clinici e dei ricercatori. Come accennato poco fa, una relazione di contiguità lega la noia a stati affettivo-cognitivi quali l’apatia (in cui l’inibizione pulsionale e cognitiva e l’inerzialità pragmatica appaiono più pervasive, divenendo talora definitive) e la depressione, con cui la noia troppo frettolosamente nella pratica clinica viene identificata. Infatti essa si distingue dalla depressione per la conservazione dell’autostima, l’assenza di sentimenti di inadeguatezza e di colpa, l’orientamento temporale sul presente, il mantenimento degli investimenti oggettuali esterni, seppure virtuali o indefiniti, l’insoddisfazione per il possesso degli oggetti d’amore o per la loro mancanza piuttosto che il dolore insanabile per la loro perdita.

La fine della scuola e il ritrovarsi improvvisamente privi di stimoli e persone che solitamente fanno parte della quotidianità, facilmente genera nei bambini un sentimento di noia. I nostri figli annoiati sembrerebbero non saper comprendere o formulare un desiderio, fanno fatica a dare un significato alla propria esperienza.

Va detto, tuttavia, che la noia può talora rappresentare un blocco difensivo e un momento di distanziamento critico dalla realtà, che mette in movimento una crescita psicologica, un riadattamento o un rimodellamento dei rapporti tra mondo interno e mondo esterno.

Verso la fine degli anni ’70, uno psichiatra ha dimostrato sperimentalmente che la noia è in realtà una potente forza che fa pressione sulle persone stimolandone la creatività (Schubert, 1978). Il ricercatore ha reclutato un gruppo di persone e ha dato loro da compilare dei questionari lunghi e noiosi: mentre passava il tempo e le persone mostravano segni di noia, alcune risposte cominciarono a brillare per la loro creatività. Questo avveniva perché alcuni partecipanti hanno cercato di combattere la noia delle domande con delle risposte originali. Naturalmente, non tutti hanno reagito in questo modo, ma è molto interessante notare come per alcuni la noia abbia favorito la loro creatività. Recentemente, i ricercatori della University of East Anglia, hanno persino dimostrato che la noia sia fondamentale per sviluppare l’apprendimento e la creatività nei bambini.

Sappiamo che la noia è anche un fenomeno sociale e culturale in quanto i giochi dei bambini del secolo scorso probabilmente risulterebbero molto noiosi per i bambini di oggi.

Da ciò ne consegue che optare per la televisione o i videogiochi quando i bambini si annoiano non è l’opzione migliore in quanto questi mezzi provocano una condizione di iperstimolazione, così che una volta terminata, l’ambiente circostante viene percepito come noioso o privo di fascino.

Se invece di incoraggiare i bambini a ricercare attivamente qualche cosa che li meravigli o appassioni nella realtà che li circonda, diamo loro in mano uno schermo da guardare e immagini da far scorrere con le dita, cosa accadrà la prossima volta che si sentiranno annoiati? Non stiamo permettendo ai nostri figli di incrementare le loro abilità di auto gestione del tempo libero e le competenze necessarie a renderli soddisfatti nei diversi momenti della giornata, li stiamo passivizzando rendendo la loro possibilità di esperire soddisfazione secondaria ad un ausilio esterno. E cosa accadrà quando questi bambini diventeranno adulti? Difficilmente svilupperanno magicamente la capacità di intrattenere se stessi e di provare piacere nelle attività durante il tempo libero. Da piccoli si impara (faticando molto meno di quanto si debba fare in età adulta) la bellezza dell’esplorazione del mondo circostante e le infinite possibilità di gioco e svago attivo.

La noia non va temuta, perché promuove l’originalità e la conoscenza di sé stessi e favorisce la creatività e l’autonomia.

“Potete allenarvi voi stessi per riconoscere la ricchezza che vi sta attorno. Se riuscirete a trovare un modo per riconoscere la bellezza del mondo – incluso le diverse tonalità di colori e di forme – allora probailmente non vi sentirete mai più annoiati.”

Vodanovich

 Bibliografia:

Autore: Dott.ssa Maddalena Mantelli, Psicologa e Psicoterapeuta dello Studio Psicologia Gentilino

 

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