Zuccheri si…Zuccheri no… Fanno bene… Fanno male…
Se cerchi in rete qualche informazione sul consumo ideale di zucchero ne leggi davvero di tutti i colori!
Qualche mese fa ho partecipato ad un interessante incontro promosso da Nutrition Foundation of Italy in cui abbiamo approfondito, grazie agli ottimi interventi dei relatori, una tematica molto cara a noi genitori: IL CONSUMO OTTIMALE DI ZUCCHERO NEI BAMBINI E NEGLI ADULTI.
Una prima precisazione doverosa riguarda la differenza tra gli zuccheri naturali (semplici – complessi) e gli zuccheri aggiunti.
Gli zuccheri naturali sono quelli presenti naturalmente negli alimenti (per esempio nella frutta, nei latticini, nella pasta e nel riso). Sono molto importanti per la nostra salute essendo una fonte di energia pronta all’utilizzo!
Gli zuccheri aggiunti, invece, sono zuccheri e sciroppi aggiunti ai cibi nel trattamento o nella preparazione. I più comuni sono la saccarina, i ciclamati, l’acesulfame e l’aspartame. E’ molto importante non esagerare con il consumo di questi elementi!
Ma quindi, come faccio a calcolare la quantità giornaliera ottimale da consumare?
E’ semplicissimo! La quantità di zucchero non deve MAI superare il 15% delle calorie giornaliere.
Lo zucchero e gli alimenti che ne sono ricchi vengono spesso considerati i principali responsabili dell’epidemia di sovrappeso ed obesità che si osserva nel mondo moderno. Ma è davvero così? Vediamo cosa dice, al proposito, la letteratura scientifica più recente, e quali sono i livelli di consumo dello zucchero stesso nel nostro Paese.
Una revisione completa degli studi pubblicati che hanno esaminato la correlazione tra il consumo di zucchero e l’eccesso ponderale è stata commissionata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), alcuni anni addietro, ad autori inglesi. La conclusione del lavoro, pubblicata su una rivista prestigiosa (Te Morenga L et al, BMJ, 2013) è che gli zuccheri, di per sé, non svolgono alcun ruolo particolare nello sviluppo del sovrappeso e dell’obesità: esattamente come le altre fonti caloriche (i grassi e le proteine, o gli amidi) essi possono infatti contribuire, se consumati in eccesso, alla creazione di quello squilibrio tra calorie introdotte con la dieta e calorie “bruciate” che porta nel tempo alla comparsa di sovrappeso e/o obesità.
Anche alla luce di questi dati l’OMS stessa, nel marzo di quest’anno, ha emesso una raccomandazione a ridurre le calorie da zuccheri aggiunti (tutti gli zuccheri semplici, comunque presenti nell’alimentazione, con l’eccezione di quelli naturalmente presenti nella frutta, nella verdura e nel latte) a meno del 10% delle calorie totali.
I recenti Livelli di Assunzione di Riferimento dei Nutrienti, o LARN, elaborati dalla Società Italiana di Nutrizione Umana per conto del Ministero della Salute, suggeriscono invece un limite del 15% delle calorie giornaliere, ma riferito agli zuccheri totali (includendo quindi quelli da frutta e da latte): valori che, considerando l’apporto medio di frutta e latte nella nostra popolazione, non si discostano di molto dalle indicazioni OMS.
Facendo i conti per l’apporto di energia, suggerito dai LARN, di 2.600 Kcal/die per un uomo di altezza media e con un’attività fisica di intensità moderata, e di 2.100 Kcal per una donna di età adulta con analoghe caratteristiche di altezza ed attività fisica, le indicazioni OMS prevedono rispettivamente, per l’uomo e per la donna “standard” considerati, un limite di 65 e 52,5 g/die di zuccheri aggiunti. Secondo i dati LARN, invece, si tratta di 99 e 78 g/die di zuccheri totali (latte e frutta inclusi, come si ricordava).
E quali sono i livelli medi di consumo di zuccheri semplici nella realtà italiana?
Secondo i dati INRAN (raccolti quasi dieci anni addietro, e pubblicati nel 2010) l’apporto medio di zuccheri totali (comprensivo cioè degli zuccheri da frutta e latte) è pari nel nostro Paese a 86 e 79 g/die, rispettivamente per uomini e donne di età compresa tra 18 e 64 anni.
Valori simili si rilevano tra i partecipanti italiani allo studio EPIC (European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition), con un apporto medio di 92 g/die di zuccheri totali: livelli tra l’altro inferiori a quelli medi registrati tra tutti i 10 paesi coinvolti nello studio (103 g/die) ed ai quali contribuisce apprezzabilmente il consumo di frutta (314 g/die contro una media europea di 194 g/die), con una quota quindi di “zuccheri aggiunti” (tolti, in altre parole, fruttosio e lattosio) proporzionalmente più bassa.
Questi dati, che necessitano di ulteriori conferme, suggeriscono che una quota rilevante della popolazione italiana adulta abbia un apporto di zuccheri aggiunti nei limiti, raccomandati dall’OMS, del 10% delle calorie totali. Questi livelli di consumo, sulla base delle informazioni disponibili, non pongono probabilmente significativi problemi di salute, e possono continuare a far parte di un’alimentazione equilibrata.
Andrea Poli, Presidente NFI Nutrition Foundation of Italy e Franca Marangoni, Responsabile di Ricerca NFI Nutrition Foundation of Italy
BAMBINI E CONSUMO DI ZUCCHERO: QUANDO, COME E QUANTO
Su questo tema abbiamo chiesto al Dott.Pier Carlo Salari, Pediatra, qualche consiglio:
Il senso del gusto si sviluppa nel bambino già nel corso della vita intrauterina: si ritiene infatti che i cambiamenti di sapore del liquido amniotico possano essere percepiti dal feto. I recettori del gusto, meglio noti come papille gustative, che si localizzano sulla punta, sui bordi e sulla parte posteriore della lingua, si sviluppano a partire dalla dodicesima settimana e aumentano di numero fino alla nascita. È importante ricordare che il dolce è percepito solo sulla punta della lingua, l’acido lungo i suoi bordi, il salato nella parte più interna e l’amaro nella zona posteriore della lingua. La percezione dei sapori è condizionata dall’assetto genetico e richiede l’intervento dell’olfatto: è questa la ragione per cui il raffreddore crea notevole ostacolo, quando non la impedisce, alla percezione gustativa. Il lavaggio sistematico delle fosse nasali è un’ottima strategia per favorire non solo la respirazione ma anche il riconoscimento e la scoperta dei sapori.
I genitori sono spesso portati a proiettare le proprie sensazioni sul bambino e a ritenere che la sua sensibilità e le sue esigenze siano del tutto simili, vedendo in lui, erroneamente, un piccolo adulto. Per quanto riguarda il gusto è importante una precisazione: alla nascita e nei primi mesi di vita il piccolo è particolarmente sensibile al dolce, che lo attira, all’acido e all’amaro, che viceversa sono meno graditi. Con lo svezzamento la formazione del gusto si affina in quanto si sviluppa un rapporto sempre più intenso con gli alimenti. In questa fase diventano importanti numerosi elementi, quali per esempio la consistenza dei cibi, lo stato d’animo del bambino nel momento del suo primo approccio e il contesto ambientale. Per questa ragione è opportuno mantenere un equilibrio tra i vari sapori. L’eccesso di zucchero non causa il diabete, ma può favorirlo sia perché è spesso correlato a un regime dietetico non bilanciato sia perché comporta uno stress sul pancreas, obbligandolo a produrre più insulina. Quest’ultima, poi, oltre a ridurre la glicemia stimolando la trasformazione dei componenti energetici in grassi, poi destinati all’accumulo nel tessuto adiposo, è altresì responsabile del risveglio dell’appetito, tipico dei bambini che a breve distanza da un pasto avvertono di nuovo fame. L’effetto metabolico degli zuccheri si interseca perciò strettamente con la gratificazione psicosensoriale, che nel bambino, in particolare nei primi anni di vita, non si limita a una gradevole esperienza occasionale, ma tende ad acquisire il significato di abitudine e a diventare fattore condizionante gli orientamenti alimentari futuri: è infatti dimostrato che la predilezione per il gusto dolce si mantiene per tutta l’infanzia e l’adolescenza e soltanto verso l’età adulta registra un lieve declino. Questo significa che un bambino abituato a bevande e cibi dolci non soltanto riuscirà difficilmente a farne a meno, ma sarà anche portato a fare un impiego smodato di zucchero e a intraprendere quel percorso che, anche qualora non dovesse condurlo al sovrappeso prima e all’obesità poi, comporterà inevitabilmente squilibri nutrizionali. In tale contesto gli edulcoranti potrebbero sembrare una soluzione strategica ma è opportuno precisare che la loro introduzione è sconsigliata almeno fino al terzo anno d’età. In ogni caso il loro utilizzo deve avvenire con estrema cautela a fronte sia di limiti di assunzione dimezzati rispetto all’adulto sia della necessità di promuovere a tavola, in maniera pratica e attraverso la proposta di modelli virtuosi, i principi di una sana alimentazione: un patrimonio di valori culturali che il bambino farà proprio e porterà con sé tutta la vita, facendosene a sua volta attivo sostenitore.
Interessante, vero? Prima di salutarvi vorrei riportarvi qualche consiglio che ci hanno dato durante l’incontro:
- Evitare del tutto l’uso di prodotti senza zucchero e di edulcoranti da tavola almeno fino ai tre ann
- È opportuno proporre ai bambini più grandi un’alimentazione sana e gustosa senza abusare di zucchero e dolciumi, evitando o limitando sia gli edulcoranti da tavola sia prodotti cosiddetti “senza zucchero”
- I principali rischi di un abuso di sale e zucchero sono:
Sale:- Aumento della pressione arteriosa
- Sovraccarico di lavoro per i reni
Zuccheri (semplici):
- Maggior apporto calorico
- Sovraccarico di lavoro per il pancreas
- Dopo la nascita il sistema nervoso centrale è particolarmente sensibile e recettivo alle esperienze gustative, che condizionano sia il comportamento sia le abitudini e preferenze future
- In epoca neonatale una soluzione al 20-30% di glucosio svolge effetto analgesico e può essere impirgata in piccole procedure (es. prelievo, vaccinazione). Tale azione non è più scontata dopo l’anno d’età
Autore: Marta Ferrari