Come aiutare i più piccoli a destreggiarsi tra le loro emozioni più difficili

Nella delicatissima ed appassionante fase di vita che prende il nome di età evolutiva sono tante le sfide che il bambino, e con lui i suoi genitori ed educatori, si trovano ad affrontare.

Tra il dire e il fare

 

Cambiamenti piccoli e grandi, richieste crescenti dell’ambiente, esperienze vissute, immaginate o temute interrompono, a volte bruscamente, il ritmo regolare e rassicurante della vita quotidiana.

Molte di queste esperienze possono generare nel bambino che le vive emozioni molto forti, che per la loro violenza ed imprevedibilità sono paragonabili a piccole grandi tempeste che agitano il suo mondo interiore. Rabbia, paura, disorientamento, frustrazione possono prendere così il sopravvento e sfociare in comportamenti inadeguati se non francamente problematici.

Pensiamo per esempio ad un ragazzino di 12 anni che all’ultimo momento si rifiuta categoricamente e senza un’apparente ragione di giocare la partita di basket della sua squadra che aspettava con entusiasmo da una settimana; oppure al pianto inconsolabile di una bambina quando sta per indossare il vestito da principessa che la mamma le ha comprato per Carnevale solo perchè ha un nastrino che non è del colore giusto.

Ecco che ai genitori viene spontaneo chiedersi: come mai nonostante i nostri continui sforzi nell’educare, rassicurare, incoraggiare i nostri figli, dare loro raccomandazioni e regole di comportamento, dosare premi e punizioni, essi talvolta si comportano in modo del tutto insensato, appaiono in preda a crisi di collera o sono bloccati da paure irragionevoli?

La risposta, come sottolineato dal neuroscienziato Daniel Siegel e dalla pediatra e psicoterapeuta Tina Payne Bryson, sta nell’immaturità del loro sistema nervoso centrale.

Infatti, nonostante i bambini di oggi appaiano spesso dei piccoli adulti, non bisogna dimenticare che il loro organismo è ancora in fase di sviluppo, ed in particolare lo è il loro cervello, l’organo che più di qualunque altro continua a cambiare in tutte le fasi di vita. Per questo motivo gli scienziati parlano di “plasticità neurale”, riferendosi alla capacità dei neuroni che compongono il cervello di formare tra loro nuovi collegamenti che nel corso del tempo determinano un vero e proprio “ricablaggio” del cervello. Oltre a tenere presente che questo fondamentale organo è costantemente plasmato dall’esperienza, è importante ricordare che esso è composto da molteplici parti diverse, ciascuna delle quali svolge un ruolo differente.

Ad esempio, l’emisfero sinistro è la parte logica del cervello, quella che analizza, che organizza i pensieri in frasi, mentre l’emisfero destro è la parte emotiva che ci aiuta a provare e comprendere le emozioni e a decifrare i segnali non verbali. Un’altra distinzione importante è quella tra la parte inferiore del cervello, detto anche “cervello rettile”, che ci consente di agire in maniera istintiva prendendo decisioni rapidamente per proteggere la nostra sopravvivenza e quella superiore, il “cervello mammifero” che ci porta a stringere relazioni e legami. Se la parte inferiore è formata fin dalla nascita, quella superiore non completa il processo di maturazione fino all’età di 25 anni.

Tenere conto di questa immaturità ci aiuta da un lato a ridurre le aspettative riguardo al comportamento dei nostri figli e dall’altra a non perdere le molte occasioni che la vita quotidiana ci offre per favorire il loro sviluppo cerebrale, che come abbiamo detto, avviene grazie all’accumularsi delle esperienze.

Un elemento fondamentale per raggiungere questo obiettivo è aiutare le diverse parti del cervello del bambino a raggiungere l’integrazione, cioè a lavorare bene insieme in maniera armonica pur svolgendo ciascuna la propria funzione. Quando nel bambino manca l’integrazione si sente confuso, viene sopraffatto da emozioni caotiche che non riesce a riconoscere e definire.

Non riuscendo a regolare ed incanalare questo mix esplosivo, egli non è in grado di reagire in modo calmo e appropriato alla situazione. In momenti come questi è generalmente la parte “rettiliana” a prendere il sopravvento, motivo per cui mentre la tempesta emotiva è in corso, i lunghi discorsi, le cosiddette “ramanzine” risultano spesso inefficaci se non controproducenti.

Un altro errore molto comune in cui può cadere il genitore è quello di reagire al comportamento del bambino sulla base della propria emozione del momento. Interagire con il bambino quando si è presi dalla rabbia o dall’ansia ha solitamente l’effetto di mettere fuoco su fuoco e di “infiammare” ulteriormente il suo cervello rettiliano.

Cosa fare allora durante una tempesta emotiva? Come reagire quando i nostri figli sembrano in preda alle onde indomabili delle loro emozioni?

Per prima cosa, entriamo in sintonia con loro sul piano emotivo. È probabile che durante un “tempesta emozionale” sia l’emisfero destro ad essere attivato o il suo cervello rettiliano. In quel momento sarebbe del tutto inefficace utilizzare la logica, cercare di far ragionare il bambino e di riportarlo ad un punto di vista più razionale ed equilibrato. Sintonizzarsi vuol dire dunque attivare a nostra volta l’emisfero destro, quello capace di decifrare i segnali non verbali, far sentire il bambino compreso nella sua difficoltà del momento a dominare le emozioni.

Questo atteggiamento ha generalmente l’effetto di rassicurarlo e di aiutarlo a rilassarsi . In questa fase anche un contatto fisico può essere utile, a volte persino necessario, per contenere il bambino e le sue emozioni, soprattutto se ci accorgiamo che è molto turbato. Attenzione: sintonizzarsi non vuol dire assecondare o cedere alle richieste del bambino ma soltanto fargli percepire che gli siamo vicini e che capiamo quanto sia difficile per lui avere a che fare con il caos emotivo che sta sperimentando in quel momento.

Quando la tempesta si sarà placata si può ricorrere alla seconda strategia, che è quella di reincanalare l’emozione tramite l’emisfero sinistro. A questo punto la razionalità e la disciplina tipiche della parte logica del cervello hanno più chance di raggiungere l’obiettivo, spostando l’attenzione e le energie verso una pianificazione razionale e l’utilizzo della logica per la risoluzione del problema.

In questo modo, non solo si sarà evitata una stressante ed inutile escalation di emozioni e comportamenti negativi, ma si sarà anche consentito al bambino di utilizzare entrambi gli emisferi cerebrali in modo coordinato, raggiungendo così una maggiore integrazione.

Un’altra strategia molto importante quando esplodono emozioni intense e difficili da controllare, è quella di aiutare il bambino a raccontare cosa lo far star male. In questo modo si attiverà l’emisfero sinistro che gli permetterà di adottare una visione più equilibrata. La comunicazione tra i due emisferi farà sì che ricordi, immagini e vissuti a carattere emotivo possano transitare dall’emisfero destro a quello sinistro per essere quindi elaborati ed inseriti in una cornice più razionale e controllabile.

Chiaramente non si tratta di semplici ricette da applicare all’occorrenza senza alcuno sforzo. Mettere in pratica queste strategie nella quotidianità richiede tanto impegno ed energie, soprattutto nei momenti in cui si è già stanchi e stressati dai mille impegni della giornata. È per questo che bisogna allenarsi a coltivare un atteggiamento di apertura e disponibilità. Apertura nel riconoscere ed accettare le emozioni nostre e dei nostri figli, per quanto disturbanti esse siano; disponibilità a mettersi in gioco tollerando i propri errori e cercando di imparare da essi, senza arrendersi dopo i primi fallimenti.   È importante che il genitore per primo coltivi la presenza mentale e la capacità di integrare le diverse parti del proprio cervello. Quando ci si trova improvvisamente di fronte ad un capriccio, ad una crisi, ad una paura irrazionale del proprio bambino è facile farsi travolgere da questa tempesta emotiva e reagire in maniera automatica.

Al contrario, prendersi del tempo per fare spazio alle emozioni che emergono, sintonizzarsi con esse, sospendere il giudizio e lasciarle placare, per poi decidere la strategia migliore da mettere in atto, richiede un notevole impegno accompagnato da una buona dose di allenamento sul campo. Tuttavia, scegliere questa seconda strada, anche se in salita, rappresenta un prezioso investimento a lungo termine sullo sviluppo dei nostri figli, in quanto li aiuta a trasformare gli ostacoli disseminati lungo il percorso di crescita in trampolini di lancio verso la maturità emotiva.

E allora: quando c’è una tempesta in arrivo non lasciamoci travolgere dalle onde, caliamo l’ancora, consultiamo la nostra mappa e… sarà più semplice ritrovare la rotta!

Principale riferimento bibliografico

12 strategie rivoluzionarie per favorire lo sviluppo mentale del bambino, Siegel Daniel J., Payne Bryson Tina – Raffaello Cortina Editore

Autore: Dott.ssa Chiara Spatola, Psicologa, Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale e Dottore di Ricerca in Psicopatologia dello Sviluppo

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