PAPÀ 2.0: SEMPRE PIÙ COLLABORATIVI E PARTECIPI!

Il recente sondaggio commissionato da Huggies® e condotto dalla Marketing Management, ha consentito di analizzare la percezione delle mamme sui comportamenti dei rispettivi mariti/compagni dimostrando che in Italia c’è una nuova generazione di padri che giorno dopo giorno scoprono e sperimentano un nuovo modo paritario, interscambiabile, concreto e fisico di essere padri, e naturalmente mariti e compagni.

Per verificare queste tendenze sono stati intervistati 300 papà in tutta Italia, in coppia con le loro mogli e compagne che hanno così espresso la loro personale e diretta percezione sui comportamenti dei rispettivi mariti e compagni.

Attraverso un questionario sono state così indagate 17 attività che riguardano le quattro sfere principali della gestione del bambino: nutrizione, sonno, igiene/pulizia, gioco/svago. Ciò ha consentito di analizzare la percezione delle mamme sui comportamenti dei rispettivi mariti/compagni.

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Allenare la capacità di essere “PRESENTI”

“Tra stimolo e risposta c’è uno spazio. In quello spazio si trova il nostro potere di scegliere la nostra risposta. Nella nostra risposta risiedono la nostra crescita e la nostra libertà”.

V. Frankl

In quello “spazio” il genitore ha infinite possibilità di sperimentazione e apprendimento. E’ lo spazio in cui sceglie di attuare un determinato comportamento e che gli offre la possibilità di imparare ad essere il genitore che desidera.

Se parliamo di genitori e figli, lo “stimolo” è il comportamento del bambino, ciò che dice, le emozioni che esprime o non esprime. La “risposta” è ciò che il genitore fa di conseguenza.  I ruoli, ovviamente, possono essere invertiti.

Spesso le risposte sono “reazioni”, ossia comportamenti non propriamente scelti ma caratterizzati da scarsa consapevolezza e intenzionalità; a volte somigliano a veri e propri riflessi, ossia a reazioni involontarie in risposta ad uno stimolo esterno. Rende bene l’idea l’espressione inglese “knee-jerk reaction” che fa riferimento al riflesso patellare, ossia al quel riflesso per il quale rispondiamo con un’estensione della gamba ad un leggero colpo sotto il ginocchio. Stimolo, reazione. Nessuna scelta, nessuno spazio tra comportamento e ciò che lo scatena.

In alcuni momenti è proprio come se venisse premuto un pulsante di accensione: il pulsante della rabbia e del rimprovero, il pulsante del senso di colpa e delle scuse, il pulsante della paura e del correre in soccorso. Altre volte il meccanismo somiglia di più a quello che fa funzionare le automobiline a carica: carico, carico, carico (di paura, di rabbia, di fastidio, di tristezza, di senso di colpa…) e poi parto a gran velocità in risposta all’emozione, in una direzione, senza nessuna capacità di raggirare gli ostacoli e di rispondere alle contingenze, scontrandomi con ciò che incontro mentre vado dritto per la mia strada.

Se avete letto il post precedente e se avete provato ad osservare il vostro comportamento con sguardo curioso, forse riuscirete ad identificare alcuni esempi che riflettono questo tipo di meccanismo. Se non l’avete già fatto provateci ora!

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Tra il dire e il fare: Troviamo un punto di partenza!

In tutte le relazioni, e quindi anche in quella genitore-figlio, si osserva spesso la ripetizione degli stessi comportamenti anche se l’esperienza ne dimostra la scarsa utilità. Quante volte capita di mantenere la stessa strategia educativa anche se non è mai servita a nulla? Quante volte succede di ripetere con insistenza le stesse raccomandazioni senza il minimo risultato? E di punire comportamenti senza riuscire davvero a far sì che il bambino ne adotti in futuro uno migliore? Quante volte provate a consolare senza ottenere nessun beneficio? Se funzionate come la maggior parte degli esseri umani, avrete risposto ad almeno alcune delle domande con un “qualche volta” o “spesso”.

Perché succede? Non si dovrebbe imparare dagli errori?

Succede perché, in generale, è difficile cambiare. Lo è per grandi e piccoli allo stesso modo. Le strategie che non funzionano si mantengono perché, da qualche parte, nascondono un vantaggio a breve termine e perché spesso sono vere e proprie abitudini, caratterizzate quindi da scarsa intenzionalità e poca consapevolezza.

Tra il dire e il fareProprio per questi motivi, fornire informazioni  per affrontare le difficoltà che possono essere sperimentate nella relazione genitore-figlio è utile ma non sufficiente: non va infatti data per scontata la capacità del genitore di fare ciò che gli è stato insegnato o consigliato. E’ infatti difficile far sì che riesca ad interrompere le dinamiche che risultano non funzionali e fonte di stress senza che vengano adeguatamente presi in considerazione i suoi pensieri e le sue emozioni; il genitore deve essere “allenato” a notare e modificare comportamenti automatici, a porre l’attenzione su ciò che funziona e cosa no piuttosto che continuare ad agire sulla base di convinzioni rispetto a ciò che un genitore deve o non deve fare. Il genitore non può quindi solo essere “istruito”, deve essere anche aiutato a colmare lo spazio tra il “dire” e il “fare”.

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