Le 11 regole per proteggere e rispettare il suo piedino

Ebbene si! Finalmente è arrivato anche per noi il momento di camminare da soli:-)

chicco3Il fagiolino ha deciso di camminare con tutta calma e un aiuto molto importante gli è stato dato dalle scarpine primi passi.

La settimana scorsa ho partecipato a una mattinata di approfondimento, promossa da Chicco e dal suo Osservatorio, dedicata alle caratteristiche che dovrebbero avere le scarpine primi passi.

Ho avuto il piacere di intervistare il Dott.Mauro Testa, ergonomo Biomeccanico, che ha risposto a tutte le domande che ci avete inviato.

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Progetto scuole DolceCasa: ecco tutto quello che c’è da sapere su questo dolce iniziativa!

In questi ultimi mesi mio figlio  si è appasionato di cucina e devo dire che è anche molto portato. In particolare ama preparare dolci che vengono apprezzati da tutto il resto della famiglia.

Oggi vi vorrei presentare un progetto scuola un pò diverso dal solito:-)

cameo-dolcecasaDa fine settembre, infatti,  riapre lo spazio interattivo di cameo, DolceCasa, che dal 2012 ha già ospitato oltre 8mila studenti delle scuole primarie, provenienti da diverse regioni italiane, con un programma tutto dedicato ai più piccoli.

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NON SOLO “CAPRICCI”

Tu lo assecondi troppo! Se andiamo avanti così, ci avrà in pugno!

-Tu invece sei troppo duro…non vedi quanto ci tiene? Cosa ti costa per una volta fare quello che ti chiede?

Edoardo, in un commento al mio primo post scrive:

Vi suggerisco un argomento da neo papà: la gestione dei capricci quando mamma e papà la “vedono” in modo diverso”

Perfetto, colgo il suggerimento perché credo che Edoardo rifletta un bisogno di molti. Una delle maggiori difficoltà che il genitore incontra è infatti proprio quella di trovare la giusta modalità di risposta a capricci e scoppi emotivi dei bimbi. Quanto spesso capita che mamma e papà abbiano idee diverse su come reagire? Assecondare, ignorare, rimproverare…

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Che cosa sono le EMOZIONI?

Molto spesso ci troviamo di fronte a reazioni istintive dei bambini che facciamo fatica a gestire.

Quante volte ci siamo ritrovate al supermercato con uno dei nostri figli in preda ad un terribile capriccio e… magari… abbiamo fatto finta di non conoscerlo (ogni riferimento è puramente casuale 🙂 ).

Per riuscire a comprendere il giusto comportamento da attuare in risposta ad una emozione è utile, per prima cosa, capire che cosa sono e quali sono le emozioni umane.

Abbiamo chiesto alla nostra Psicologa, la Dott.ssa Maddalena Mantelli, qualche informazione in merito.

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Il valore dello sport nell’educazione dei ragazzi

Praticare uno sport non solo fa bene ( benissimo!) a livello fisico ma aiuta il bambino ad apprendere valori come l’amicizia, la solidarietà, il lavoro di squadra e la capacità di risolvere piccoli e grandi problemi.
 Da quando mio figlio frequenta la scuola calcio è cresciuto in modo esponenziale ed è riuscito a raggiungere un grado di autonomia impensabile solo qualche mese fa.
Inoltre è riconosciuto che lo sport è un linguaggio universale che riesce ad unire i giovani superando differenze culturali, religiose, sociali e linguistiche.
Recentemente ho letto una frase molto bella:
Se c’è un pallone… ci sarà sempre qualcuno che vuole giocare a calcio.
Al pallone non importa se sei grande o piccolo, qual è la tua religione o
come è fatta la tua famiglia.
Non gli interessa qual è il colore della tua pelle nè da dove vieni.
Non gli importa nemmeno se sei bravo o no a giocare a calcio …

 

Quanto è vero 🙂
Abbiamo chiesto agli allenatori del Centro Schuster e di  Sport senza Frontiere Onlus un loro commento a riguardo.

Bugie: a chi dobbiamo credere?

Durante una seduta di qualche mese fa, una paziente che seguo in psicoterapia già da diversi anni, si presenta particolarmente angosciata e mi racconta, fra le lacrime, che pochi giorni prima i carabinieri si erano presentati a casa sua cercando le prove che dimostrassero che il figlio adolescente di lei fosse effettivamente un micro spacciatore di hascisc così come riportato da diversi coetanei.

I militari, avendo trovato una piccola bilancia nell’armadio del ragazzo si erano detti soddisfatti e se ne erano andati. Una volta rincasato, il giovane era stato informato dalla madre dell’accaduto ed era stato invitato a dare una spiegazione; il ragazzo, con fare baldanzoso, si era dichiarato parzialmente estraneo alla vicenda, ammettendo un uso sporadico di fumo ma negandone con convinzione la vendita. La mia paziente si trovava ora fra due fuochi: da una parte il marito e padre del ragazzo che non gli credeva e che tacciava lei di ingenuità, dall’altra però il figlio che aveva ammesso per la prima volta di fare uso di sostanze ma che giurava di non essere implicato nella vicenda dello spaccio.

A chi doveva credere? Come doveva comportarsi?

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Il tempo libero insegna!

E’ meglio che i bambini abbiano un’agenda fitta di impegni o che passino parte del loro tempo gestendosi autonomamente?

Si colloca all’interno di questo dibattito che anima mamme e papà un recente studio fatto da ricercatori del dipartimento di Psicologia e Neuroscienze dell’Università di Boulder, in Colorado, e pubblicato sulla rivista Frontiers in Psychology.

GIoco Libero Continua a leggere

Mamma, cosa posso fare?

 …perciò, tolte di mezzo le gioie, che proprio gli impegni offrono a chi si muove di qua e di là, l’animo di costoro non sopporta la casa, la solitudine, le pareti, contro voglia vede di essere stato lasciato solo con sé stesso. Di qui nasce quella noia e quella scontentezza di sé, quel rivoltolarsi dell’animo, che non si placa in alcun luogo, quella sopportazione malcontenta e malata del proprio ozio… »

Seneca

L’etimologia del termine noia (e di quello francese ennui), dal latino in odio con la mediazione del provenzale enoja, rinvia a intensi sentimenti negativi nei confronti dell’ambiente  circostante e non solo alla lieve spiacevolezza che generalmente le si attribuisce.

COme gestire la noia

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Allenare la capacità di essere “PRESENTI”

“Tra stimolo e risposta c’è uno spazio. In quello spazio si trova il nostro potere di scegliere la nostra risposta. Nella nostra risposta risiedono la nostra crescita e la nostra libertà”.

V. Frankl

In quello “spazio” il genitore ha infinite possibilità di sperimentazione e apprendimento. E’ lo spazio in cui sceglie di attuare un determinato comportamento e che gli offre la possibilità di imparare ad essere il genitore che desidera.

Se parliamo di genitori e figli, lo “stimolo” è il comportamento del bambino, ciò che dice, le emozioni che esprime o non esprime. La “risposta” è ciò che il genitore fa di conseguenza.  I ruoli, ovviamente, possono essere invertiti.

Spesso le risposte sono “reazioni”, ossia comportamenti non propriamente scelti ma caratterizzati da scarsa consapevolezza e intenzionalità; a volte somigliano a veri e propri riflessi, ossia a reazioni involontarie in risposta ad uno stimolo esterno. Rende bene l’idea l’espressione inglese “knee-jerk reaction” che fa riferimento al riflesso patellare, ossia al quel riflesso per il quale rispondiamo con un’estensione della gamba ad un leggero colpo sotto il ginocchio. Stimolo, reazione. Nessuna scelta, nessuno spazio tra comportamento e ciò che lo scatena.

In alcuni momenti è proprio come se venisse premuto un pulsante di accensione: il pulsante della rabbia e del rimprovero, il pulsante del senso di colpa e delle scuse, il pulsante della paura e del correre in soccorso. Altre volte il meccanismo somiglia di più a quello che fa funzionare le automobiline a carica: carico, carico, carico (di paura, di rabbia, di fastidio, di tristezza, di senso di colpa…) e poi parto a gran velocità in risposta all’emozione, in una direzione, senza nessuna capacità di raggirare gli ostacoli e di rispondere alle contingenze, scontrandomi con ciò che incontro mentre vado dritto per la mia strada.

Se avete letto il post precedente e se avete provato ad osservare il vostro comportamento con sguardo curioso, forse riuscirete ad identificare alcuni esempi che riflettono questo tipo di meccanismo. Se non l’avete già fatto provateci ora!

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Tra il dire e il fare: Troviamo un punto di partenza!

In tutte le relazioni, e quindi anche in quella genitore-figlio, si osserva spesso la ripetizione degli stessi comportamenti anche se l’esperienza ne dimostra la scarsa utilità. Quante volte capita di mantenere la stessa strategia educativa anche se non è mai servita a nulla? Quante volte succede di ripetere con insistenza le stesse raccomandazioni senza il minimo risultato? E di punire comportamenti senza riuscire davvero a far sì che il bambino ne adotti in futuro uno migliore? Quante volte provate a consolare senza ottenere nessun beneficio? Se funzionate come la maggior parte degli esseri umani, avrete risposto ad almeno alcune delle domande con un “qualche volta” o “spesso”.

Perché succede? Non si dovrebbe imparare dagli errori?

Succede perché, in generale, è difficile cambiare. Lo è per grandi e piccoli allo stesso modo. Le strategie che non funzionano si mantengono perché, da qualche parte, nascondono un vantaggio a breve termine e perché spesso sono vere e proprie abitudini, caratterizzate quindi da scarsa intenzionalità e poca consapevolezza.

Tra il dire e il fareProprio per questi motivi, fornire informazioni  per affrontare le difficoltà che possono essere sperimentate nella relazione genitore-figlio è utile ma non sufficiente: non va infatti data per scontata la capacità del genitore di fare ciò che gli è stato insegnato o consigliato. E’ infatti difficile far sì che riesca ad interrompere le dinamiche che risultano non funzionali e fonte di stress senza che vengano adeguatamente presi in considerazione i suoi pensieri e le sue emozioni; il genitore deve essere “allenato” a notare e modificare comportamenti automatici, a porre l’attenzione su ciò che funziona e cosa no piuttosto che continuare ad agire sulla base di convinzioni rispetto a ciò che un genitore deve o non deve fare. Il genitore non può quindi solo essere “istruito”, deve essere anche aiutato a colmare lo spazio tra il “dire” e il “fare”.

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