Come migliorare le capacità di lettura nei bambini con dislessia

Come abbiamo detto in uno dei nostri post precedenti, in cui abbiamo parlato dei fattori di rischio e dei campanelli d’allarme dei disturbi dell’apprendimento (per approfondire leggi “Mio figlio ha un DSA? Fattori di rischio e campanelli d’allarme”), è ormai dimostrato e comunemente accettato all’interno della comunità scientifica che i DSA (e tra questi la dislessia in modo particolare) si innestano su una predisposizione dell’individuo relativa a differenze neurobiologiche.

Questo fa si che la dislessia e i DSA debbano essere concepiti come una caratteristica intrinseca della persona, di cui sono state dimostrate la familiarità (cioè la maggiore probabilità che la difficoltà si manifesti in bambini appartenenti a famiglie in cui altre persone l’avevano evidenziata) e i correlati neurobiologici (ad esempio un particolare funzionamento di alcune aree cerebrali deputate alla lettura).

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Difficoltà a scuola non vuol dire necessariamente DSA

Nel post introduttivo di questa rubrica, abbiamo visto come le difficoltà scolastiche siano davvero molto comuni, e su questo c’è accordo tra tutte le figure adulte che si prendono cura dei bambini: genitori, insegnanti, professionisti. Il fatto che tali difficoltà siano frequenti, però, non significa che ci sia chiarezza sui fattori da cui hanno origine e, di conseguenza, sul modo in cui affrontarle. Al contrario, non è facile comprendere i fattori che hanno contribuito allo sviluppo di una situazione problematica che riguarda la scuola: le motivazioni sottostanti possono essere diverse e raramente un solo aspetto è sufficiente per spiegare come mai il bambino non riesce ad ottenere i risultati sperati.

La prima utile da fare, se vogliamo comprendere il concetto di “Disturbo Specifico dell’Apprendimento” (DSA), è distinguerlo dalle generiche “difficoltà di apprendimento”.

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