Quel cappotto rosso

Ieri, 27 gennaio 2015, è stato il Giorno della Memoria.

Vedo passarmi accanto tutto ciò che in questi anni di vita ho visto, letto e sentito riguardo alle vittime dell’Olocausto: gli studi fatti a scuola, ciò che ho raccolto da sola per saperne di più, le parole dei superstiti nelle pellicole dell’epoca e negli incontri sul tema. Ma non dimenticherò mai quel cappotto rosso visto per la prima volta, quello della bambina di “Schindler’s List”. Non ricordo quanti anni avessi ma non avevo più di dieci anni. Quella sera volevo vedere un altro film ma i miei genitori mi dissero che dovevo assolutamente vedere quel film in bianco e nero che a me, già solo per il fatto che era senza colori, sembrava noioso. “E’ come una medicina, la devi prendere per forza!”, “Ma io non sto male!”. Poi il film è iniziato e dopo poco ho capito cosa intendevano dire.

Ricordo di non aver avuto il coraggio di fare domande per tutta la durata della pellicola. Ricordo gli occhi lucidi di mia madre e lo sguardo serio di mio padre fisso sullo schermo. Ricordo bene poi la domanda fatidica che mi venne fatta alla fine del film: “Perchè stai piangendo?” e ricordo altrettanto limpidamente la mia risposta: “Perchè vorrei che non fosse vero ma so invece che tutto quello che ho visto è successo davvero nella realtà”.

Rividi “Schindler’s List” a scuola pochi anni dopo e la visione di quello stesso film fu diversa, vedevo particolari che prima non ero stata in grado di mettere a fuoco e la mia consapevolezza era aumentata. I miei compagni di classe, come tutti i ragazzini che saltano un’ora in classe per vedere un film, invece di fare macello e chiacchierare tra loro, per la prima volta erano attenti e silenziosi tanto che le maestre non soono mai state costrette ad intervenire con minacce e strilli.

Ricordo che le insegnanti diedero alcuni fazzoletti a delle mie compagne di classe che rumorosamente tiravano su con il naso. Spiegarono poi qualcosa sul film, ci invitarono a fare domande e risposero pazientemente ai quesiti che piovvero caoticamente e tutti insieme.

Dopo quasi quindici anni ho poi assistito ad una scena strana che mi ha riportato alla memoria quelle due occasioni e il cappotto rosso della bambina del film. Un giorno a casa di mia cognata ho trovato alcune mamme della classe di mia nipote che stavano discutendo animatamente su un tema che evidentemente stava loro molto a cuore. Ho chiesto cosa stesse succedendo e mi spiegarono che erano molto arrabbiate con la maestra dei loro pargoli perchè quella mattina aveva fatto vedere “Schindler’s List” ai loro figli. “E quindi? Qual è il problema?” ingenuamente ho chiesto. Apriti cielo! Un’orda di mamme infervorate, impaurite e scioccate mi ha aggredito quasi avessi fatto chissà quale domanda! Sono piccoli, di quei fatti basta parlarne, già li studieranno sui libri, se ne parla già abbondantemente in TG e programmi tv… e quindi perchè esporli ad un carico emotivo così importante come la visione di un film?

Forse sarò impopolare anche questa volta, forse qualche luminare dello studio sull’infanzia mi darà una bacchettata sulle dita ma io sono assolutamente a favore della visione del film “Schindler’s List” nelle scuole e non soltanto in occasione della Giornata della Memoria. All’epoca, quando lo vidi io, non ne rimasi traumatizzata… nè io nè tantomeno i miei compagni di classe nè i genitori se ne lamentaro, anzi. Guardando quel film i miei compagni ed io abbiamo avuto modo di cominciare a capire chi è l’uomo, cosa è l’umanità e che certi fatti non esistono solo sulla carta e sullo schermo dei computer ma che sono accaduti davvero e non lontani da noi.

Nel frattempo sono usciti nelle sale diversi altri film, alcuni anche, secondo me, adatti alla visione dei bambini, penso ad esempio a “La Vita è bella” di Benigni ma rimango affezionata al mio cappotto rosso e ai sentimenti spiazzanti che mi ha lasciato. Aveva ragione mia madre, “è una medicina” e va presa anche se non si è ammalati.

Autrice: Federica Alderighi

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